13 novembre 2008, La Repubblica
Trasfusioni infette, gli emofilici in piazza
È stata rinviata al 22 dicembre l‚udienza preliminare del processo „plasma infetto“ davanti al gup del Tribunale di Napoli Loredana Di Girolamo. Il tempo per rilevare – da parte dello stesso Gup – i difetti di notifica ad uno degli imputati e ad alcune delle parti offese.
Sono 11 gli imputati di quest‘ ultimo filone del processo per la vicenda degli emofilici e degli altri ammalati soggetti a trasfusioni che dalla metà degli anni ‚80 contrassero i virus Hiv, Hvc, o quelli dell‘epatite virale per l‚ uso di emoderivati realizzati con sangue infetto, proveniente da donazioni mercenarie di soggetti a rischio, come i detenuti di alcune carceri degli Stati Uniti.
Sette degli imputati sono dirigenti o ex dirigenti del gruppo farmaceutico Marcucci, come il fondatore Guelfo Marcucci. Insieme a loro deve rispondere dell‘ accusa di omicidio colposo plurimo aggravato dalla previsione dell‚ evento e dall‘ abuso di pubblici poteri l‚ ex direttore del servizio farmaceutico del ministero della Sanità Duilio Poggiolini.
Assenti gli imputati principali in aula c‘ erano i rappresentanti di cinque associazioni di emofiliaci e politrasfusi, tra le quali Beppe Castellano della Lagev ed Angelo Magrini dell‚ Associazione polis trasfusi italiani. Finora cinque associazioni hanno annunciato la richiesta di costituzione di parte civile. Anche il Ministero della Salute, rappresentato in aula da un legale dell‘ Avvocatura distrettuale dello Stato, ha annunciato che rinnoverà la richiesta di costituzione di parte civile già presentata al processo „plasma infetto“ apertosi nel 2002 a Trento, e trasferito nell‚ aprile 2003 Napoli, luogo dove ha sede l‘ ufficio del pm che per primo ha iscritto la notizia di reato.
„Questa volta abbiamo qualche speranza di ottenere giustizia per i nostri amici che abbiamo visto morire uno ad uno in questi anni“, ha detto Beppe Castellano, presidente della Lagev. Ed all‚ esterno del Tribunale le associazioni di emofilici hanno mostrato foto in bianco in nero con i volti delle vittime del plasma infetto.
Secondo l‘ Associazione Politrasfusi tra il 1985 ed il 2008 sono state 2605 le persone decedute in seguito ad una trasfusione con plasma infetto. 76 mila le richieste di risarcimento presentate al Ministero della Salute. Per circa 49 mila è arrivato il modesto assegno di 1080 euro a bimestre e l‚ una tantum di 49 mila euro. Gli altri sono ancora in attesa di definire il diritto al risarcimento.
Il 30 ottobre scorso il gip di Napoli Amelia Primavera ha archiviato il procedimento per epidemia colposa nei confronti di 40 imputati italiani e stranieri per l‘ impossibilità di determinare il nesso di causalità, cioè di stabilire quale prodotto farmaceutico abbia determinato il contagio.
Un altro processo è in corso dal giugno 2003 negli Usa, e vede imputati i colossi farmaceutici Bayer, Baxter, Alpha ed Aventis, citati in giudizio da emofilici italiani. In aula a Napoli c‚erano gli avvocati Lexie Haram, di San Francisco, e Lorraine Smith.
Ulteriori informazioni:
Bayer „ha venduto farmaci a rischio Aids“
Il Manifesto: Scandalo Bayer: farmaci a rischio aids venduti in Asia e America latina
La Repubblica, 14 gennaio 2008
Riparte il processo per lo scandalo del plasma contaminato che provocò centinaia di vittime negli anni ‘80
Sangue infetto, imputazione coatta per Poggiolini e Marcucci
Si rischiava l‚archiviazione. Dovranno rispondere di omicidio plurimo colposo
TORINO – Per lo scandalo del „plasma infetto“ degli anni Ottanta, il giudice per le indagini preliminari di Napoli Maria Vittoria De Simone ha disposto l‘imputazione coatta: undici indagati, tra cui l‚ex direttore del servizio farmaceutico del ministero della Sanità Duilio Poggiolini, e Guelfo Marcucci fondatore dell‘omonimo gruppo farmaceutico, dovranno rispondere dell‚accusa di omicidio colposo plurimo.
Centinaia di pazienti emofilici, secondo l‘accusa, avevano infatti contratto epatite e virus dell‚Hiv tramite medicinali salvavita derivati da plasma infetto: il processo era stato incardinato a Trento e poi trasferito a Napoli per competenza territoriale, ma qui i pm, nel maggio 2005, avevano chiesto l‘archiviazione. Gli avvocati delle parti civili (tra cui lo studio torinese Ambrosio e Commodo) a luglio si erano opposti. Secondo i legali, gli indagati si erano approvvigionati di plasma a rischio e non avevano utilizzato i sistemi di inattivazione virale che all‚epoca erano già ampiamente disponibili e conosciuti. Ora il gip De Simone ha dato loro ragione respingendo così la richiesta di archiviazione della procura. L‘imputazione coatta è infatti un‚ordinanza con cui si impone ai pm di chiedere il rinvio a giudizio degli indagati affinché siano processati per tutti i capi d‘accusa che riguardano i casi di omicidio colposo non prescritti (ovvero per alcune centinaia di pazienti).
Secondo i pm napoletani Maria Rosaria Bruno e Gloria Sanseverino l‚inchiesta era da archiviare per „mancanza di nesso di causa“, in quanto cioè non sarebbe stato possibile provare che l‘infezione contratta fosse attribuibile tra i tanti a uno specifico prodotto farmaceutico, e quindi a uno specifico indagato. Inoltre, secondo la procura, il procedimento era già prescritto per la maggioranza dei casi. Gli atti dell‚intera inchiesta (negli anni Novanta erano cominciate tre diverse indagini) erano arrivati nelle mani delle due pm nell‘aprile del 2003 dal tribunale di Trento: qui era stato già incardinato un processo a carico degli stessi imputati, che però non si era concluso perché i giudici avevano stabilito che la competenza territoriale fosse a Napoli.
Sempre nel capoluogo partenopeo è attualmente ancora in piedi un altro procedimento (in cui è indagato Poggiolini, insieme a 40 persone, tra cui americani, svizzeri, austriaci e tedeschi) per cui la procura ha chiesto l‚archiviazione: l‘udienza per l‚opposizione, in questo caso, è stata fissata per il 29 febbraio. „Confidiamo a questo punto – spiega l‘avvocato Stefano Bertone che assiste alcune parti civili – di ottenere un’analoga ordinanza“.
Dal due giugno 2003 è in corso invece negli Stati Uniti una maxi causa davanti al tribunale federale di Chicago: quasi tremila parti lese (tra cui cinquecento italiani) lottano per avere giustizia dai colossi farmaceutici Bayer, Baxter, Aventis e Alpha. di SARAH MARTINENGHI