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India

La Repubblica, 8 novembre 2011

Lo scandalo

Indiani usati come cavie

Bufera sui big del farmaco

L‚accusa viene dal quotidiano tedesco Der Tagesspiegel. Il numero di pazienti morti dopo aver sperimentato farmaci non ancora in commercio sarebbe quasi quintuplicato in tre anni

BERLINO – Gravissima accusa alle grandi multinazionali farmaceutiche. Convincono migliaia di pazienti in India a prendere medicinali, senza dire loro che si tratta di preparati in fase di sviluppo e sperimentazione. Risultato: centinaia di indiani sono morti, si sospetta morti come cavie umane, in conseguenza dell‘uso delle medicine. La denuncia viene da un lungo articolo del quotidiano liberal berlinese Der Tagesspiegel, il quale cita diversi studi internazionali, a cominciare da un rapporto dell‚università di Hong Kong.

„I risultati della nostra indagine“, dice il rapporto citato, „forniscono forti indizi che le grandi case farmaceutiche, di biotecnologia e di tecnologia medica vedono molto più potenziale in paesi di nuovo sviluppo“, come l‘India, ma anche il Brasile, la Russia o la Cina. Alcuni malati indiani, continua l‚articolo del Tagesspiegel, sono persino coscienti di rischiare la morte lasciandosi utilizzare come cavie, ma accettano il pericolo in cambio delle cure gratuite. Secondo il sito web India Times, che cita fonti del ministero della Sanità indiano, l‘anno scorso 668 persone sarebbero morte a seguito di test di farmaci cui sono state sottoposte, mentre nel 2007 la cifra era di 137 persone. Si tratta soprattutto di poveri, che vivono negli slum, e che non godono di assistenza sanitaria.

Sotto accusa, sottolinea l‚articolo, sono big farmaceutici come Pfizer, Merck o il gruppo tedesco Bayer. Soltanto a causa di esperimenti di medicinali condotti dalla Bayer, dice ancora il giornale berlinese, almeno 138 persone sono morte in India nell‘arco di quattro anni. Bayer contesta le cifre, e riferendosi a pubblicazioni mediche specializzate parla di un massimo di 22 casi l‚anno scorso. L‘organizzazione Cbg (Coordinamento contro il pericolo Bayer) contesta la versione minimizzante del colosso di Leverkusen: non ci sono controlli indipendenti, dice, e le cifre reali sono ben più alte. dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI

vedere anche:
=> Lettera aperta alla BAYER: Morti da sperimentazione sui farmaci
=> Novartis, Pfizer, Bayer: Trial-related deaths in India

I colossi della farmaceutica sfruttano cavie umane in India

Per risparmiare, molte case farmaceutiche fanno eseguire sperimenti sui farmaci sfruttando povertà e ignoranza. La scarsa trasparenza e mancanza di leggi severe fa sì che a volte bastano cinquemila franchi per risarcire una vita.

13 dic 2011, Ticino Libero — Il quotidiano inglese The Independent ha pubblicato un’inchiesta sui test clinici praticati in India, scoprendo che, nel periodo 2007-2010, oltre 1’700 persone sono morte durante o successivamente avere sperimentato nuovi farmaci. Sfruttando il fatto che dal 2005 l’India ha semplificato la legislazione per la condotta di questi test, molte aziende farmaceutiche occidentali hanno trasferito le sperimentazioni in India, coinvolgendo oltre 150’000 persone in almeno 1’600 tests. Se è vero che in moltissimi casi i pazienti sarebbero probabilmente deceduti comunque, resta il fatto che sono stati registrati molti casi in cui gli effetti collaterali sono stati la concausa principale del decesso.

Le ragioni che hanno spinto case farmaceutiche come Pfizer, PPD, Bristol-Myers Squibb, Amgen, Bayer, Eli Lilly, Quintiles, Merck KGaA, Sanofi-Aventis e Wyeth a sperimentare in India sono principalmente economiche, medici e pazienti si accontentano di una cifra esigua se tradotta in valuta forte, inoltre il costo degli eventuali risarcimenti è limitato, a volte bastano cinquemila franchi per risarcire le famiglie. Ma concorrono anche altri aspetti quali il fatto che i medici parlano tutti Inglese, l’accettabile struttura ospedaliera, la diversità genetica dei 1,2 miliardi di Indiani e un quadro legislativo semplificato. Nella sua inchiesta però, The Independent ha constatato una scarsa trasparenza nel comunicare i dati, soprattutto quelli riguardante i decessi. Innanzitutto, le persone che si sottopongono ai test sono quasi sempre estremamente povere e disperate, pronte a firmare qualsiasi cosa, tanto più che nella maggior parte dei casi non sono nemmeno in grado di capire i formulari che firmano e che manlevano i medici da qualsiasi responsabilità. Infine, le case farmaceutiche evitano di agire direttamente, ma danno in outsourcing i protocolli di sperimentazione ad enti locali che se ne incaricano e ritornano i risultati alle aziende.

E’ indubbio che la maggior parte dei 150’000 Indiani che, negli scorsi anni, hanno partecipato agli studi quali cavie, hanno potuto profittare di questi studi, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista della propria salute. Ma sarebbe comunque opportuno che, a questo punto, le case farmaceutiche applicassero gli stessi standard si sicurezza per gli Indiani che applicano in Occidente ed evitassero di speculare sulle pastoie burocratiche indiane per evitare di accollarsi responsabilità che le sarebbero di competenza. Questa nuova forma di colonialismo da parte della ricerca medica si sta estendendo anche in altri paesi del Sud-est asiatico come Thailandia, Indonesia e pure in Cina. Va bene cercare di diminuire i costi della ricerca, ma non a scapito di chi, per povertà e ignoranza, ne diventa vittima.