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Unimondo

Unimondo, 27 Ottobre 2014

La peggior multinazionale del 2014?

L’albo d’oro è di tutto “rispetto”. Oltre alla Koch Industries che ha stracciato la concorrenza nel 2013, troviamo la Monsanto, pluridecorata e indiscussa regina nel 2012, e poi la Chevron e la Kimberly-Clark, solo per fare qualche esempio di alcune delle multinazionali che, come spiega bene la campagna dell’associazione Corporate Accountability International (CAI), hanno il diritto di entrare nell’edizione 2014 della Corporate Hall of Shame, la classifica delle peggiori multinazionali al mondo, quelle le cui scelte e azioni hanno provocato danni incalcolabili all’ambiente mettendo di conseguenza a rischio la salute collettiva. “Queste multinazionali – ha spiega Patti Lynn, direttore di 
CAI – mettono in pericolo la democrazia e hanno in comune il fatto di essere state inserite nella nostra classifica della vergogna”. Ogni anno, infatti, questa associazione chiede di scegliere (possiamo votare anche tutti noi!) la peggiore multinazionale e cerca di organizzare grandi mobilitazioni e pressioni affinché le peggiori modifichino le proprie pratiche, non accumulando solo semplici classifiche, ma registrando anche degli ottimi risultati. Il CAI quest’anno, per esempio, ha collaborato con Forecast the Facts e ha organizzato manifestazioni con decine di migliaia di persone riuscendo a rimuovere dai vertici della televisione PBS un uomo di nome David Koch, convinto negazionista in fatto di cambiamenti climatici.

Nella lista delle dieci nomination per la “peggiore al mondo” quest’anno c’è ancora una volta la Monsanto, alla quale si deve la produzione e la commercializzazione massiva di pesticidi e ogm che stanno mettendo fuori gioco in tutto il mondo i piccoli agricoltori. Non manca neanche la General Motors, che, si scopre, ha atteso decenni prima di richiamare oltre 2,6 milioni di veicoli malgrado almeno 13 morti siano la conseguenza di un difetto di produzione. Ma alle multinazionali già citate, vanno aggiunte in questo 2014 anche Chevron, Mc Donald’s, Comcast, Philip Morris (che il premier Matteo Renzi ha recentemente ringraziato per l’apertura di uno stabilimento anche in Italia…), Credit Suisse, TransCanada, Veolia (con il suo corredo di inceneritori) ed infine la Bayer, dai cui stabilimenti escono, tra l’altro, i neonicotinoidi che stanno sterminando le api.

Secondo la Coalizione contro i pericoli derivanti dalla Bayer (CBG – Germany), che da 35 anni sta monitorando l’azienda tedesca, la multinazionale di Leverkusen nel 2014 non dovrebbe avere rivali. Solo nell’ultimo anno oltre ad aver dichiarato pubblicamente nell’ambito di una discussione sui brevetti per la produzione di un farmaco in India: “Non è stato creato per gli indiani, ma per gli occidentali che possono permetterselo”; essere al primo posto nel lancio di brevetti ogm (non ultima la nuova mirabolante soia); ed essere stata certificata come uno dei maggiori produttori mondiali di PCB, in questi mesi è tornata protagonista con una campagna pubblicitaria che CBG ha definito “irresponsabilmente montata attorno all’integratore multivitaminico Berocca”. La multinazionale ha iniziato la campagna di mercato per il Berocca in oltre 50 paesi in tutto il mondo, tra cui Regno Unito, Germania, Italia, Sudafrica, Korea, e negli Stati Uniti dove ha già iniziato le vendite di questo integratore pubblicizzato specialmente come rimedio per i postumi di una bevuta eccessiva e che contiene una dubbia miscela di vitamine del gruppo B, guaranà, caffeina, vitamina C, zinco e magnesio.

Negli USA però, secondo la CBG, il Berocca non è mai stato esaminato dalla Food and Drug Administration e riguardo alla sicurezza e accuratezza delle informazioni presentate, “Bayer cita uno studio autofinanziato condotto con impiegati della Compagnia stessa dove perfino gli autori dello studio sottolineano che la validità delle loro conclusioni è dubbia”. Ad oggi il mercato degli integratori alimentari è ancora soggetto a una scarsa regolamentazione e i produttori non sono obbligati a presentare studi sull’efficacia delle sostanze e sui possibili rischi, prima dell’immissione sul mercato. Proprio per questo il Governo degli Stati Uniti, ha detto che la Bayer, nella sua campagna pubblicitaria, sostiene qualità non provate poiché non esiste ancora uno studio rispettabile che provi l’efficacia dell’integratore. Anzi, uno studio del 2005, pubblicato nel British Medical Journal, è giunto alla conclusione che “non esiste una prova sicura che un qualunque intervento convenzionale o aggiuntivo sia efficace per prevenire o curare i postumi dell’alcool” ed “anche un più recente studio del 2010 è giunto alle stesse conclusioni” ha spiegato la Coalizione.

Anche per questo Philipp Mimkes, consigliere della CBG ha chiesto il bando della pubblicità di medicinali e integratori alimentari sostenendo che “Tutte le pubblicità dei medicinali, non solo per quelli della Bayer, dovrebbero essere vietate”, una soluzione che ridurrebbe sensibilmente il prezzo dei farmaci perché l’industria farmaceutica usa fino al 40% dei suoi introiti per il marketing. “I farmaci efficaci – ha continuato Mimkes – prevarranno sempre, sostenuti da studi, riviste specializzate e dall’esperienza sul campo dei medici. L’onnipresente pubblicità è quella che spinge sul mercato sostanze non necessarie se non addirittura pericolose”. Tesi sposata da molti esperti nutrizionisti che sottolineano come gli integratori alimentari non possono compensare le conseguenze di una dieta non salutare. Fino a prova contraria una dieta equilibrata fornisce tutte le sostanze nutritive importanti e gli integratori dovrebbero essere usati solo la dove viene diagnosticata una carenza specifica. “Anche per questo l’informazione sui farmaci dovrebbe essere nelle mani di studiosi indipendenti o delle autorità e non in quelle di compagnie che mirano solo al profitto ad ogni costo” ha concluso Mimkes.

Ma il caso Berocca non è l’unico. Col nome di One a day la Bayer vende già numerosi integratori alimentari negli Stati Uniti. “Di nessuno di questi integratori è stata provata l’efficacia. Secondo le loro pubblicità essi rinforzano il cuore e il sistema immunitario, fanno bene agli occhi e forniscono più energia al corpo. Queste “promesse” hanno aiutato la multinazionale a raggiungere incassi di un miliardo di euro nel settore degli integratori alimentari”, in cambio solo di alcune multe per pubblicità ingannevole. Che sia proprio Bayer la candidata migliore per vincere la Corporate Hall of Shame 2014? Alessandro Graziadei