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ricerca dal Cedab

27/01/2006 - Help Consumatori

OGM. Cedab presenta ricerca su coesistenza delle colture. Critiche da Legambiente e Greenpeace

Nella Pianura Padana il flusso genico del mais, in condizioni ottimali, scende al di sotto della soglia critica dello 0,9% ad una distanza dalla fonte di polline di 17,5 metri e al di sotto dello 0,5% a 30 metri. Tra gli accorgimenti che possono essere adottati per limitare il flusso genico si sono rivelati particolarmente efficaci l'uso di zone buffer e l'uso di varietà con epoche di fioritura non coincidenti. Meno efficace l'uso di spazi aperti tra le diverse colture che risultano funzionali solo in assenza di vento o quando risultano superiori ai 30 metri. So questi i risultati della ricerca presentata oggi dal Cedab (Centro di Documentazione sulle Agrobiotecnologie, http://www.cedab.it).

Lo studio è stato condotto in Lombardia da ricercatori e tecnici di strutture di ricerca pubbliche e private simulando il comportamento del polline e del flusso genico in mais utilizzando varietà convenzionali a seme colorato. Obiettivo della ricerca: integrare e verificare, nel contesto agricolo padano, le conoscenze disponibili in tema di coesistenza per la coltura del mais.

Commentando i risultati dello studio, Legambiente ha affermato in una nota: "La coesistenza tra colture transgeniche e tradizionali è meno rischiosa di quanto si pensa, dati alla mano. Questo è quello che sostiene il Cedab. Ma chi finanzia in sostanza questo istituto di ricerca?". La risposta per l'associazione ambientalista è che "L'istituto Cedab - prosegue la nota - infatti è finanziato dal gruppo CropLife, che rappresenta le maggiori industrie nel campo delle scienze delle piante che sviluppano, producono e distribuiscono prodotti chimici, biologici e biotecnologici soprattutto per l'agricoltura. Tra i membri permanenti ci sono le transnazionali leader nel settore agro-chimico-biotecnologico: Basf (Germania); Bayer Cropscience (Germania); Dow Agrosciences (Stati uniti); Dupont (Stati Uniti); Fmc (Stati uniti); Monsanto (Stati Uniti); Sumitomo (Giappone); Syngenta (Svizzera). "La conclusione dunque - dichiara Francesco Ferrante, direttore di Legambiente - è più che lampante: non si tratta di uno studio scientifico ma di una ricerca da osteria. E' come chiedere all'oste se il vino e' buono".

Critica anche Greenpeace, il cui responsabili Ogm, Federica Ferrario, ha dichiarato: "È ora di finirla con la diffusione di studi secondo cui la coesistenza tra agricoltura transgenica e quella convenzionale-biologica sarebbe possibile. È una favola a cui non crede nessuno". "L'unica vera garanzia contro la contaminazione genetica causata dagli OGM - ha aggiunto - è un bando alla loro coltivazione. In Spagna, Greenpeace ha fatto analizzare il mais degli agricoltori biologici ottenendo risultati preoccupanti: il 40 per cento dei campioni è risultato contaminato, con una percentuale che va dallo 0,23 all'1,9 per cento. Percentuale che non permette la vendita di questi raccolti come biologici e che dimostra chiaramente l'improponibilità della "coesistenza" tra coltivazioni transgeniche e coltivazioni biologiche".